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MISCELAZIONE FUTURISTA

Fulvio Piccinino ( a cui va il mio personale ringraziamento) ci regala un viaggio nel mondo del futurismo e delle sue polibibite. Imperdibile! IL RIVOLUZIONARIO RUOLO DEL VINO, CARBURANTE DEL POPOLO, NELLA MISCELAZIONE FUTURISTA Tutti conoscono il Futurismo in quanto avanguardia artistico culturale che sconvolse   i primi trent’anni del novecento, ma ben pochi sanno che gli stessi artisti partorirono i più geniali cocktails a base di vino della storia della miscelazione italiana. Il vino italiano era presente sulla tavola della quasi totalità degli italiani dove svolgeva egregiamente  il ruolo di alimento senza alcuna velleità di abbinamento con il cibo consumato. E fino a quella rivoluzione culturale, il vino, sia bianco che rosso, aveva con ben pochi cocktail al suo attivo. Il popolare “mezzone” che lo vedeva mescolato con la gazzosa, frutto della saggezza contadina per dissetarsi nelle calde ore estive pomeridiane, era figlio dello “spritz” di origine austriaca. Con l’obiettivo di diminuire la carica alcolica dell’italico vino e rendere più fresca la beva i soldati austriaci presero a mescolare i forti vini bianchi italiani con acqua gassata e succo di limone, usanza che venne poi ripresa successivamente nel resto d’Italia, utilizzando però la nuova bibita citrina. Nei bar più evoluti, si assisteva all’evoluzione del primordiale “spritz” dove, oltre a vino ed acqua, si aggiungevano per dare un tocco amaricato pochi centilitri di uno delle decine di bitter o amari, che popolavano la produzione liquoristica italiana. Infine, all’Harry’s Bar di Venezia Cipriani creava le prime miscele a base di spumante e frutta fresca, caposaldi della miscelazione italiana per oltre un lustro. Ma questa miscelazione, assolutamente classica,  è ben lontana dagli slanci creativi dei futuristi che per primi utilizzano il vino come ingrediente base di miscele con più abbinamenti di gusto stravolgendone anche i concetti di abbinamento. Il perché è semplice. In pieno regime fascista vigeva la massima autarchia e non è possibile avere, sia per le ristrettezze economiche sia per le direttive centrali, nessun tipo di ingrediente straniero, quindi il territorio italiano, con la sua produzione di qualità, ritorna prepotentemente alla ribalta. Grappa, liquori di tradizione, normalmente bevuti lisci nel dopo cena, e vini considerati per la sola tavola, divengono ingredienti base di cocktail che…

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SHERED

Bourbon (infuso con Lapsang suchong tea) Pesca Lime Bitter O redhead…perchè Lei è rossa. La dolcezza degli stati del sud (Stati Uniti ovviamente),legata all’affumicatura, non solo delle botti, come si usa fare da quelle parti,ma anche dell’esotico Lapsang Suchong tea. Lei non è americana, ma ha molto a che fare con le miscele di the, erbe ed infusi vari. La pesca, matura al punto giusto, profumata e gustosa. Come per il Bellini è preferibile quella bianca, che si trova d’estate. Non frullata, per carità! La pesca va “pressata” delicatamente con l’aiuto di un colino, in modo che non si riempia d’aria e che il colore della buccia vada a mischiarsi con quello della polpa. Il succo di lime serve ad equilibrare , perchè dolce va bene, ma nel giusto limite. E per finire il bitter. Io ho scelto il bitter rouge, che aprezzo per la varietà di profumi. Il punto di amaro che non guasta,anzi. E perchè un pò di rosso ce lo voglio mettere anche io, che diamine. E stasera lo gusteremo insieme… Ma non vi dico come e dove

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ROMMEL

L’americano è da sempre uno dei miei cocktail preferito. L’equilibrio tra dolce e amaro, l’alcol a giusta gradazione, grazie all’aggiunta di soda, gli olii essenziali del limone che lo profumano. All’aperitivo è sicuramente una scelta azzeccata… Ma un giorno, a Montecarlo, arrivano due clienti, una coppia di Torino per l’esattezza, che amano l’americano, ma per l’occasione vorrebbero un twist che lo renda legato a quel momento, a quel posto, a quella loro serata. Il preavviso è poco, ma per fortuna l’intuizione arriva. Ed è legata ad un altro cocktail ormai classico, e molto in voga negli ultimi anni,  Il moscow mule è composto da vodka, succo di lime e ginger beer. Ginger beer non è una birra, ma si chiama così perchè la lavorazione ricorda quella della birra, ma ha come base lo zenzero, e viene dagli Stati Uniti. Da non confondere con il ginger ale, di produzone inglese, che è essenzialmente una bevanda aromatizzata al ginger. E allora la soda viene sostituita dal ginger beer. Il piccante dello zenzero arriva alla fine, l’amaricante del bitter  mischiato al dolce del vermut si sentono prima.  Per completare l’opera, alcune gocce di bitter all’arancia. Alla fine della cena gli aperitivi sono stati molti piu di due, i clienti se ne sono andati sorridendo, ed io ho creato il mio “twist” ,  che è diventato anche il mio aperitivo preferito.  

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THE GIN MAN

Cambiando posto di lavoro, (ed il turn over è alto, nel nostro campo specifico), si entra in contatto con molte persone, non sempre piacevoli,che siano colleghi o clienti. Il periodo che ho passato al Westin Palace di Milano lo ricordo con grande piacere,sia per la clientela,ma sopratutto per i colleghi e lo staff dell’hotel. Tra…