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BARMAN & GENTLEMAN OGGI
“Si contano oggi per il mondo migliaia e migliaia di cosiddetti “barman” ma per la verità,in generale si tratta di uomini del Bar,baristi,ma, come mixeurs…zero.” Elvezio Grassi, Mille cocktail
No, non sono io a dirlo, ma è nella prefazione del libro “Mille cocktail” , di Elvezio Grassi, libro che vede la prima edizione nel 1920.
Chissà cosa penserebbe questo barman ,o altri della sua epoca, del moderno bartending in Italia.
Un tempo (in cui non c’era Internet), barman si diventava sul campo. Esisteva la gavetta, fatta di lavoro silenzioso ed osservazione dell’arte da parte di chi portava la giacca bianca. Lingue studiate ed imparate sul posto di lavoro all’estero (in verità con poche comodità e tanti sacrifici), umiltà, parola oggi abusata, ma quasi mai usata nel modo giusto, educazione e buone maniere.
Si andava in Svizzera ad imparare il servizio (sia di sala che bar, un buon barman era anche un efficiente maitre d’hotel, ma non necessariamente il contrario), ed in Inghilterra per la lingua.
Il Barman (con la B maiuscola) o l’aspirante tale, lavorava solo in hotel, possibilmente di lusso, oppure sulle navi da crociera, o comunque dove c’era l’elite.
Ovvio pensare che le buone maniere erano il primo requisito per poter accedere a posti di lavoro di questo tipo.
Banditi, sul posto di lavoro, tutti gli orpelli, quindi niente orologio, anelli, collane ecc. Sobrietà era la parola chiave. Divisa pulita e sempre in ordine, cravatta o papillon (a seconda della qualifica) e ruoli ben definiti. Mai un commis si sarebbe sognato di avvicinare un cliente e rivolgerli la parola senza essere interpellato o aver avuto l’autorizzazione del capo barman.
I barmen italiani erano allora molto considerati nel mondo, la classe e la preparazione che avevano era uguagliata da pochi altri.
Il rapporto con i clienti era quello della “sponda del tavolo da biliardo”, ossia di ribattere, durante una conversazione, in modo di far sentire il cliente a propio agio. Si evitavano gli argomenti “caldi” come sport, politica e religione.
La cultura e l’informazione erano indispensabili, per poter discorrere amabilmente di argomenti che potevano spaziare dalla metereologia alle novità letterarie, piuttosto che una mostra od un opera teatrale.
Al giorno d’oggi, come ben sappiamo, le cose sono molto diverse. L’apparire ha preso il posto dell’essere. Conta di piu il consenso dei colleghi che “contano” (cioè quelli che appaiono di più), che quello dei clienti. La riservatezza (ricordate le tre scimmiette? Erano il simbolo del barman) è ormai solo un ricordo.
I Barman di un tempo rabbrividerebbero vedendo la quantità di tatuaggi, orecchini e piercing che si agitano oggi dietro i banchi bar.
Ad onor del vero bisogna ammettere che anche la clientela è cambiata. Ci sono ormai pochi signori, pur restando i ricchi. Il compianto Marco Mascardi,gentlemand’altri tempi e giornalista ,nonchè fan dei barmen di classe, diceva spesso che sarebbe stato utile fare dei corsi per i clienti, piu che per i barman
Non sta a me giudicare se sia meglio o peggio, ma a volte mi capita di pensare che per essre trasgressivi oggi basterebbe non avere tatuaggi, piercing ecc… indossare una giacca bianca, pulita ed in ordine, accogliere i clienti con un sorriso e parlargli di cultura nella sua lingua…
E magari un giorno far rinascere lo stile italiano anche nel bartnding e nell’ospitalità.
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Concludiamo con le “10 regole” del barman. Queste “regole” le abbiamo prese da un articolo del compianto Gualtiero Marchesi, e trasformate da decalogo per gli chef a decalogo per i barmen. Ovviamente vanno prese con umiltà ed autoironia, là dove serve…
IL DECALOGO DEL BARMAN
- Barman è un mestiere o meglio ancora , un servizio, un ministerium.
- La divisa, in ordine, elegante è un segno di rispetto verso il cliente e serve anche a comunicargli degli aspetti imprescindibili: l’onestà, la pulizia, il rispetto.
- La legge del barman è la ricetta di cui è esecutore, ricordando che ogni buona esecuzione presuppone una quota d’interpretazione, attentamente dosata, non eccessiva ma neanche assente, introdotta con rispettosa discrezione. A un livello più alto sta il compositore.
- Ai diversi gradi di esperienza e conoscenza corrisponderanno tre figure: l’esecutore, l’interprete e il compositore.
Per raggiungere questi traguardi, il barmandovrà impadronirsi della tecnica e aver fatto pratica di tutti i tipi di cocktail e delle principali tecniche - Un elemento importante per arricchire le proprie esperienze è sicuramente la conoscenza dei prodotti, la loro storia, le origini e gli ingredienti di cui sono composti
- Lo studio delle culture alimentari di altri Paesi, può contribuire a formare una conoscenza più ampia dell’arte della mixology e delle sue realizzazioni con differenti aspetti e contenuti.
- La capacità di un barman poggia su due pilastri: la conoscenza della materia e dei modi di trattarla nel rispetto della sua natura.
- Soluzioni tecniche e virtuosismi non possono prescindere dalla conoscenza di tecnica e materiali nella concezione e nell’esecuzione. La tecnica è uso appropriato, controllato e non distruttivo, degli strumenti più adatti all’operazione che si sta eseguendo, senza uccidere la materia.
- Ad ogni preparazione, il barman deve sapere perfettamente cosa è giusto fare: quali sono tempi e modi della preparazione l’esatta temperatura e, ove necessario, la durata della stabilizzazione, giacché anche il riposo è parte importante del trattamento, come la pausa o il silenzio nella partizione musicale. La presentazione finale dipende molto dalla scelta del contenitore più adatto e della decorazione
- Uno dei compiti che fanno onore al buon barman è quello di divulgare e incrementare la cultura del bere bene e consapevole per un verso, insegnando a bere bene correttamente con i drink preparati, per altro verso istruendo i giovani e passando il testimone a chi lo merita, introducendolo alla cultura del bere bene, che quando è veramente tale è esperienza consapevole, ricerca applicata in continuo perfezionamento e adattamento alla vita.
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